Il 22 novembre 1963, il trentacinquesimo presidente americano, John Fitzgerald Kennedy, fu assassinato a Dallas, nel Texas.
Il 61% degli americani è ancora convinto che quella morte nasconda qualcosa di misterioso, certamente un complotto. È davvero così? Ecco sfatate 10 tra le leggende più tenaci…
L’assassino si chiamava Lee Harvey Oswald, uno squilibrato che si trovò nel posto giusto (il Deposito di libri scolastici del Texas), al momento giusto (mentre passava il corteo presidenziale in visita elettorale a Dallas), e sparando tre colpi con il suo fucile Mannlicher Carcano colse al volo l’occasione per lasciare la sua sporca impronta nella storia.
Egli stesso, catturato quasi subito, finì ucciso, due giorni dopo, durante il trasferimento in un carcere di massima sicurezza, per mano di un altro individuo, Jack Ruby, che nelle sue fantasie intendeva vendicare l’amato presidente. Queste, almeno, le conclusioni a cui, fino a oggi, è giunta ogni commissione di inchiesta e ogni analisi forense e scientifica seria.
Eppure, secondo un recente sondaggio della Gallup il 61% degli americani (secondo un altro sondaggio dell’Associated Press sarebbe il 59%) crede ancora oggi che Oswald non agì da solo ma fu parte di un complotto più ampio. Solo il 30% lo crede l’unico colpevole, mentre il 9% non ha un’opinione precisa.
Strano a dirsi, si tratta di un deciso miglioramento, se si pensa che nel 2001 la percentuale di chi credeva al complotto era dell’81%. Solo cinquant’anni fa, subito dopo l’assassinio, la credenza nella cospirazione era altrettanto bassa.
Ciò significa, insomma, che il clima sta lentamente cambiando da quando il film del 1991 di Oliver Stone, JFK. Un caso ancora aperto, impiantò nella coscienza collettiva una versione assolutamente falsata e romanzesca della tragedia di Dallas (gli interessati possono leggere sul sito Johnkennedy.it, curato dal giornalista Federico Ferrero, analisi approfondite e critiche del film di Stone). Nuovi film, come i recenti Parkland (in onda su Raitre venerdì 22 novembre, alle 21) o Killing Kennedy (trasmesso da National Geographic Channel il 17 novembre), riescono a raccontare quella vicenda in maniera altrettanto drammatica, basandosi esclusivamente sui fatti e senza bisogno di inventare improbabili teorie della cospirazione. Persino il maestro contemporaneo della fiction, Stephen King, riesce a raccontare l’assassinio del presidente, in un romanzo come 22/11/63, costruendo una credibilissima (e straordinariamente avvincente) storia di fantascienza che pure lascia intatti quelli che sono fatti ormai accertati. E pure una vecchia volpe del thriller, come Stephen Hunter, riesce a costruire una versione alternativa dell’omicidio Kennedy, in The Third Bullet, e lo fa in maniera brillante ma senza minimamente alterare i fatti accertati.
E’ qualcosa che non riesce assolutamente ai teorici della cospirazione, incapaci di riconoscere quelle che sono ormai verità storiche documentate e sempre pronti ad abbracciare miti e leggende, da tempo smontate e contraddittorie le une con le altre, ma che periodicamente tornano a galla.
Ecco allora un piccolo promemoria con cui sfatare 10 tra le leggende più persistenti sull’assassinio Kennedy.
Prima, però, riguardiamo la sequenza dell’assassinio filmata da Abraham Zapruder in questa versione, spaventosa nella sua semplicità, segnalata da Paolo Attivissimo, in cui la ripresa traballante originale è stata stabilizzata digitalmente ed elaborata per estenderne l’inquadratura usando altri fotogrammi dello stesso filmato (attenzione, il video mostra in maniera esplicita l’assassinio di una persona).
E ora veniamo alle 10 leggende:
1. Un lavoro scelto ad hoc. Oswald andò a lavorare nell’edificio del Deposito dei libri di Dallas perché si sapeva che il corteo del presidente sarebbe passato sotto le sue finestre, rendendo così Kennedy un bersaglio più facile. E’ falso. Oswald iniziò a lavorare al Texas School Book Depository il 15 ottobre 1963, quando cioè non era ancora stato deciso se e quando il presidente sarebbe andato in visita a Dallas né, tantomeno, quale percorso avrebbe seguito un eventuale corteo.
2. Il proiettile magico. Stando al film di Oliver Stone, un solo proiettile non avrebbe potuto attraversare il corpo di Kennedy, cambiare due volte direzione, attraversare il corpo del governatore Connally seduto di fronte a lui e uscire alla fine perfettamente intatto: più ragionevole pensare che i proiettili siano stati più di uno e sparati da più tiratori. Il ragionamento funziona solo se Kennedy e Connally fossero stati seduti uno di fronte all’altro e alla stessa altezza. In realtà, Kennedy era più in alto e il governatore aveva il busto girato. Le ferite ricevute dai due sono compatibili con un solo proiettile che percorre una linea retta e parte dal sesto piano del Deposito dei libri da cui Oswald sparò. Questa ricostruzione tridimensionale al computer di tutta la sequenza, realizzata da Dale Myers, chiarisce nel modo migliore la traiettoria dello sparo.
3. Gli spari “impossibili”. Nessun tiratore può sparare tre colpi nei 6.75 secondi che intercorrono tra il primo e l’ultimo sparo (calcolati sulla base del filmato girato da Abraham Zapruder che accidentalmente riprese la sequenza dell’assassinio). Dunque, è necessario ipotizzare un secondo tiratore. Non è così. L’inchiesta della Commissione Warren ha potuto stabilire che un tiratore, messo nelle stesse condizioni con lo stesso fucile, poteva sparare i colpi in 4.6 secondi.
4. Oswald un pessimo tiratore. Oswald fu arruolato nei Marines, ma era considerato un pessimo tiratore che non centrava mai un bersaglio. Non è così. Addestrato a usare il fucile, dopo tre settimane di allenamento si qualifica come il secondo tiratore più abile del corpo militare. I suoi istruttori, come il Maggiore Eugene Anderson, ritengono che Oswald avesse una buona mira e che sparare a Kennedy dal Deposito dei libri sarebbe stato per lui «un bersaglio facile», che «rientrava pienamente nelle sue capacità».
5. Indietro e a sinistra. Nel film di Stone è un momento ripetuto più volte e l’elemento chiave di tutto il film per dimostrare il complotto. Nel filmato di Zapruder la testa del presidente sembra piegarsi all’indietro e a sinistra, suggendo che a infliggergli il colpo fatale sia stato un proiettile che arrivava da davanti e da destra (e non dall’alto alle sue spalle, dove si trovava Oswald). E’ un’ipotesi intuitiva, che però contrasta con i fatti accertati. Tanto la radiografia della testa di Kennedy, quanto le risultanze dell’autopsia, dimostrano infatti che l’esplosione della parte laterale della testa è dovuta al percorso di un proiettile sparato da dietro e uscito davanti. Lo dimostra anche la scia di frammenti di piombo nella testa. L’apertura del cranio in fuori poi è tipica di queste ferite: se un proiettile avesse colpito dal davanti, avrebbe dovuto penetrare dalla tempia e fare esplodere, se mai, la nuca del presidente al momento della sua uscita. Il movimento della testa colpita da un proiettile, poi, non va necessariamente in direzione opposta a quella di provenienza dello sparo. E’ stato il Premio Nobel Luis W. Alvarez, nel 1976, a scoprire che la rapida fuoriuscita della massa cerebrale dalla ferita ha come effetto quello di spingere la testa nella direzione da cui proviene lo sparo, come succede a un razzo quando il combustibile viene liberato da una parte spingendolo così nella direzione opposta (qui sotto la dimostrazione del fenomeno messa in scena da Penn & Teller, che inoltre ripetono la sequenza degli spari con il Carcano impiegando 3,4 secondi):
6. Il quarto sparo. Nel 1978, la Commissione dell’House Select Committee scopre una registrazione sonora dell’assassinio, grazie a una radio rimasta accesa sulla moto di H. B. McLain, uno dei poliziotti di scorta al presidente a Dallas. Sulla base di quell’ascolto, sembra di riconoscere un quarto sparo: prova dunque che Oswald non fu il solo a sparare. E’ un’ipotesi che ebbe vita breve, ma che ancora oggi è spesso ripetuta. Quando McLain ha finalmente modo di ascoltare la registrazione si accorge che non può provenire dalla sua radio. Lui, infatti, aveva immediatamente scortato il presidente fino all’ospedale con le sirene accese per tutto il tempo: eppure, sulla registrazione non c’è traccia di sirene. Ne deriva che la testimonianza su cui la Commissione si era basata per le sue conclusioni riguardava qualcosa che forse non aveva nulla a che vedere con l’assassinio di Kennedy. Solo in seguito si scoprirà, per caso, che la registrazione proveniva da una moto che si trovava al Trade Mart, il luogo dove Kennedy era atteso per il pranzo: troppo lontano per registrare gli spari.
7. Oswald incastrato. Alcune foto che mostrano Oswald a casa, che impugna il fucile usato per uccidere il presidente e due giornali di propaganda comunista, sarebbero fotomontaggi creati per incastrarlo. In realtà, le foto furono scattate da Marina, sul retro della loro casa a Dallas, e le analisi dell’House Select Committee determinarono che i segni e i graffi microscopici presenti sui negativi delle foto erano stati prodotti proprio dall’Imperial Reflex di Oswald, e da nessun’altra possibile macchina. Inoltre, sulle foto non sono presenti tracce di ritocchi o fotomontaggi e, anzi, l’esame microscopico della grana delle foto ha confermato che sono autentiche e non manipolate.
8. Un annuncio anticipato. In Nuova Zelanda fu pubblicato un articolo che dava conto della morte del presidente e dell’arresto di Oswald prima che ciò accadesse: prova dunque che una versione ufficiale dei fatti era già stata distribuita dai cospiratori alla stampa. Ipotesi intrigante, che però non tiene conto degli orari: quando il giornale uscì in Nuova Zelanda era l’ora di pranzo del sabato, corrispondente alle 18 circa del venerdì a Dallas. Quando esce il giornale, insomma, Kennedy è già stato ucciso da quasi sei ore e Oswald già arrestato da quattro.
9. Jack Ruby il mafioso. Secondo alcuni teorici della cospirazione Ruby era un uomo della mafia e uccise Oswald per eliminare uno scomodo fantoccio. In verità, Ruby era proprietario di un nightclub e, in effetti, potrebbe avere avuto anche mafiosi tra i suoi clienti, ma era considerato da tutti una mezza tacca, inaffidabile ed esibizionista. Difficilmente, un tipo così avrebbe potuto essere coinvolto in una cospirazione. Uscito dalla posta dove si era fermato a pagare un vaglia, vide la folla davanti alla prigione, si avvicinò e quando vide Oswald sotto scorta venirgli incontro, d’impulso estrasse la pistola (allora come oggi negli Stati Uniti, e in particolare nel Texas, è considerato normale per un semplice cittadino circolare armato) e gli sparò, credendo di venire portato in trionfo come eroe. Morirà di cancro in carcere, incredulo per la fine che gli è toccata.
10. La maledizione di JFK. Oltre 100 testimoni scomodi sarebbero morti in circostanze misteriose negli anni successivi all’assassinio. Un controllo nome per nome ha permesso invece di accertare che oltre la metà delle persone indicate dai cospirazionisti sono morte di infarto, cancro e malattie naturali di vario tipo. Altri sono morti di vecchiaia e in tanti sono deceduti dieci o vent’anni dopo l’attentato. Non sembra insomma che ci fu nessun sicario impegnato a zittire testimoni scomodi. Senza contare che nessuno di coloro che diventarono famosi o scrissero libri raccontando di avere visto altri cecchini in Dealey Plaza o svelando complotti ricevette mai minacce né finì ucciso.
Per chi volesse approfondire la questione, il libro più attendibile è documentato è, a oggi, Reclaiming History: The Assassination of President John F. Kennedy, di Vincent Bugliosi, il pm che incastrò Charles Manson. In italiano, il sito di Federico Ferrero è il più documentato, il libro più completo è ancora Ecco chi ha ucciso John Kennedy (1988), dello scrittore e regista Diego Verdegiglio, purtroppo uscito per un piccolo editore romano e oggi introvabile. Da parte mia, ho dedicato al caso un centinaio di pagine nel mio Grandi gialli della storia (di recente uscito di nuovo allegato a Focus e, comunque, disponibile ancora presso il bookstore del CICAP), sufficienti purtroppo a dare solo una panoramica del caso. A questo link, inoltre, è possibile riascoltare una puntata del mio podcast dedicata al caso Kennedy, con un’intervista a Diego Verdegiglio.
A questa pagina di Repubblica alcuni degli appuntamenti televisivi, tra film e documentari, che ricordano i 50 anni dell’assassinio. Mentre, per quel che riguarda le mostre, all’International Centre of Photography di New York sono raccolte le fotografie scattate dai passanti in quei minuti drammatici; a Washington, si rievoca la ricca e breve vita del presidente, mentre al Maxxi di Roma è in corso la mostra: “Freedom Fighters. I Kennedy e la battaglia per i diritti civili”. E dal sito del museo biblioteca presidenziale dedicato a Kennedy è possibile scaricare un press kit con materiale audio, video, foto e documentario dedicato al giorno dell’assassinio.
Infine, nei prossimi giorni il CICAP annuncerà un’iniziativa che ci auguriamo possa aiutare il pubblico a distinguere sempre meglio tra bufale e realtà.
Massimo Polidoro
Scrittore, giornalista e Segretario del CICAP, è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. Allievo di James Randi, è Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di oltre 40 libri e centinaia di articoli pubblicati su Focus e altre testate. Rivelazioni e Il tesoro di Leonardo sono i suoi libri più recenti, insieme ai thriller Il passato è una bestia feroce e Non guardare nell’abisso. Segui Massimo anche su Facebook, Twitter, Periscope, Instagram, Pinterest, Telegram e la sua newsletter (che dà diritto a omaggi ed esclusive). Per invitarmi a tenere una conferenza scrivete qui.
118 risposte
Buongiorno Dott. Polidoro, se mi chiede il numero esatto del file non sono in grado di fornirglielo in quanto non sono un buon navigatore di internet. Mi scusi ma non posso credere pero’ che Lei, in quanto esperto del caso non conosca l” esistenza di queste telefonate. Ne ho gia discusso col Dott. Verdegiglio sul sito John Kennedy. it, il quale mi ha confermato la loro esistenza e mi ha dato una sua opinione. 5
Mi scusi, ma lei si riferisce a una delle tante telefonate anonime arrivate alla polizia di Dallas dopo l’arresto di Oswald. Come sempre succede in casi del genere, c’è chi si esalta e chiama per fare minacce, ma ciò non significa che sia l’anticipazione di qualche complotto. Chi complotta non lo annuncia certo prima… Invece, è certo che il trasferimento di Oswald fu gestito malissimo dalla polizia di Dallas.
Mi riferisco alla telefonata ricevuta dal redattore senior di in giornale di Cambrig 25 minuti prima dell’ attentato, dove una voce lo invitava a mettersi in contatto con l’ambasciata USA e rimanere in attesa di importanti notizie che di li a poco sarebbero arrivate dagli Stati Uniti. Il giornalista non dando subito peso a quella chiamata comunico’ solo dopo l’attentato il fatto alla polizia ma, nessuno consulto’ i tabulati anche solo per verificare se una chiamata gli fosse mai realmente giunta. Per quanto riguarda le telefonate relative le minacce ad Oswald, saranno pure state anonime ma come ben sappiamo poi furono seguite dai fatti concreti. Saluti. Mauro
Il fatto è che di telefonate anonime che annunciano “notizie” ne arrivano di continuo a giornali, polizia, ospedali, ministeri, ambasciate… Di mitomani e squilibrati è pieno il mondo, ahimè: a che cosa sarebbe poi servito un annuncio del genere? Avrebbe forse permesso di intensificare la sicurezza intorno al presidente Kennedy? No, mica si parlava di lui in quella telefonata. Il fatto è che ci colpiscono le coincidenze significative e ci fanno pensare a chissà quali misteri: nella realtà nessun cospiratore avrebbe mai telefonato per anticipare un omicidio e se lo si fosse voluto boicottare l’eventuale complice avrebbe dato più dettagli. Una telefonata come quella lascia il tempo che trova.
La ringrazio per la risposta e per il tempo che mi ha dedicato scusandomi per aver inviato due volte il post precedente ( pensavo che il primo non fosse andato a buon fine). Parlando del caso Kennedy alla fine si tirano sempre in ballo le innumerevoli coincidenze che portarono al compimento del fatto ma sinceramente per chi non considera Vangelo le conclusioni della CW tutte queste casualita irripetibili sono veramente trppo indigeste da digerire. Grazie ancora per il suo tempo, non la impegnero’ oltre. Mauro
Buongiorno, dagli ultimi documenti desecretati recentemente risulta che fosse arrivata all fbi una telefonata che annunciava l’ imminente uccisione di Oswald, ebbene cosa succede dopo? Invece di blindare l’ assassino del Presidente lo si porta tranquillamemnte a spasso in mezzo ad una folla di sconosciuti, mettendolo in bella mostra ed alla portata di eventuali squilibrati, tipo Jack Ruby il quale non perde l’ occasione per sparargli un colpo mortale. Un comportamento esemplare da parte delle autorita’ preposte!!! Ora mi si rispondera’ che la giurisdizione del caso era di competenza della polizia di Dallas e non dellFbi ma sinceramente non mi pare una scusa sufficente, qui stiamo parlando dell’ assassino del Presidente degli Stati Uniti, non di un delinquentello qualsiasi!!! Altra telefonata ignorata fu quella giunta ad un cronista inglese pochi minuti prima dell’ attentato a Kennedy, ignorata nel senso che poi nessuno si preoccupo di verificare se effettivamente quella telefonata ci fu, nel 1963 era gia possibile verificare i tabulati ma nessuno ritenne fosse importante farlo. Vi sembra normale? Poi c’ e’ chi si stupisce se la gente nutre dei dubbi sulla vicenda. Saluti. Mauro
Dove esattamente nei documenti desecretati sarebbe indicata questa rivelazione?
Cortese dottore la ringrazio per le sue precise e attente disamine sui temi da lei affrontati e che seguo con passione.
Circa Kennedy.
Ho seguito un documentario su una rete nazionale con il quale si affermava che vi erano altri due cecchini e uno di questi ha confessato e si trova in prigione per altri reati. Lei ne sa di più?
Nell’ attesa di un gradito riscontro porgo cordiali saluti.
Giuliano
La famiglia Kennedy è tra le più potenti degli USA a cui non mancavano certo mezzi finanziari e conoscenze altolocate per condurre una propria contro indagine sul caso, eppure ha accettato in toto le conclusioni della commissione Warren. Questo la dice lunga sul caso.
Personaggi come Garrison, colpito da improvviso benessere per la vendita del suo libro spazzatura, e il suo estimatore Oliver Stone, col suo insulso e noioso film, sono un insulto ala verità.
Buongiorno Dott. Polidoro, volevo sottoporle una domanda, nel 2013 , in occasione del cinquantesimo anniversario dell’ attentato a JFK, Robert Kennedy jr , figlio di Bob , rilascio’ un intervista prorio a Dallas nel corso della quale rivelo’ che suo padre ( Bob Kennedy ) , nonostante in pubblico sostenesse la versione ufficiale della commissione Warren , in realta’ la pensasse in modo opposto od almeno nutrisse seri dubbi sulle conclusioni della stessa . Considerato che non possiamo pensare a Bob Kennedy come uno sprovveduto od un ingenuo ed escludendo che il figlio abbia rilasciato quelle dichiarazioni a scopo di lucro o per procurarsi pubblicita’ gratuita dobbiamo forse inserire Bob Kennedy nella folta schiera dei cosidetti complottisti ?N
È un’ottima domanda. Probabilmente Robert Kennedy si sentiva in colpa, forse temendo che l’omicidio del fratello fosse legato alla vicenda di Cuba, e riteneva che questo aspetto non fosse stato indagato abbastanza dalla commissione. Trova qui un’interessante riflessione su questo punto: https://www.politico.com/magazine/story/2014/10/was-bobby-kennedy-a-jfk-conspiracy-theorist-111729